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.La commissio-ne della quale parliamo, fu imaginata a fine di bene; lefuron date istruzioni limitatissime, quasi private: ma es-sa divenne, contro la mente del governo, una magistra-tura che avea ed esercitava giurisdizione regolare, man-teneva un officio, riceveva petizioni, faceva decreti.L istituzione cangiò natura, e questo avvien sempre intutte le istituzioni simili.Se, invece di istituire una com-missione, si fosse obbligato Palomba a proseguire l ac-cusa; se fosse stato condannato, come era di giustizia, oPalomba o Rotondo, quattro quinti de clamori sarebbe-ro cessati, ed il governo avrebbe conosciuto meglio lepersone e le cose.Accaduto una volta un disordine, spe-cialmente ne primi giorni di un governo nuovo, di radoil popolo conosce la vera cagione del medesimo, e tuttoattribuisce al governo: male inevitabile e gravissimo, ilquale deve persuaderci che non tutto ciò di cui il popolosi doleva era sempre cagionato dal governo; che le inten-zioni eran sempre pure, ma non eran sempre buone leistituzioni; e queste non eran sempre buone, perché liprincípi, dalli quali dipendevano, eran fallaci; e final-mente che in un governo nuovo è necessitá far quantomeno si possa d istituzioni tali che possino divenir arbi-trarie.Tutto deve esser potentemente afferrato dallamano di chi governa.Letteratura italiana Einaudi 134 Vincenzo Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799XXIIILEGGI  FEDECOMMESSIIo seguo il corso delle mie idee anziché quello detempi.Tanti avvenimenti si sono accumulati e quasi ad-densati in sí breve tempo, che essi, invece di succedersi,s incrocicchiano tra loro, né se ne può giudicar bene senon osservandone i loro rapporti.Il momento della rivoluzione in un popolo è come unmomento di tumulto in un assemblea: i dispareri, il calo-re della disputa, destano tanti e sí vari rumori, che im-possibile riesce far ascoltare la voce della ragione.Se al-lora un uomo rispettabile per la sua prudenza e pel suocostume si mostra, gli animi si acchetano, tutti l ascolta-no: il suo nome gli guadagna l attenzione di tutti, eglipuò far udire la voce della ragione.Nel primo momentol opinione è necessaria per dar luogo alla ragione; manel secondo conviene che la ragione sostenga e confermil opinione.Que fatti che finora abbiam riferiti aveano per iscopoil guadagnare la confidenza del popolo prima che il go-verno avesse agito; ma il governo dovea finalmente agiree dovea colle opere meritarsi quella confidenza che aveagiá guadagnata.Esso si occupò dell abolizione de fe-decommessi e della feudalitá, che formavano presso dinoi i piú grandi ostacoli all eguaglianza ed al governo re-pubblicano.L istituzione de fedecommessi porta seco lo spiritodi conservar i beni nelle famiglie, spirito non compatibi-le coll eguaglianza nelle repubbliche ben ordinate.For-se, cosí in Roma come in Sparta, l amor dell eguaglianzaavea fatto nascere lo spirito della conservazione de be-ni.Ma i nostri fedecommessi non aveano di romano al-tro che il nome e le formole esterne di ciò che chiamasi«sostituzione»: queste antiche istituzioni, unite alle ideeLetteratura italiana Einaudi 135 Vincenzo Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799di nobiltá ereditaria e di successione feudale, avean pro-dotto presso di noi un mostro, di cui a torto incolperem-mo i romani.Nel regno di Napoli, ove tutte le ricchezzesono territoriali, si erano i fedecommessi moltiplicatiall estremo, e moltiplicato avevano ancora il numero decelibi, degli oziosi, de poveri, de litiganti, ecc.La riforma fu semplice e ragionevole.Non si distrussela volontá de testatori che fino a quel tempo aveano or-dinato de fedecommessi, tra perché una legge nuovanon deve mai annullare i fatti precedenti, tra perché lariforma della proprietá non deve distruggerne il fonda-mento, il quale altro non è che il possesso autorizzato34dal costume pubblico.Ma i beni de fedecommessi ri-manendo liberi in mano de possessori e la legge proi-bendo di ordinarne de nuovi, una sola generazione sa-rebbe stata sufficiente a produrre quella divisione che sidesiderava, ma che, ordinata dalla pubblica autoritá, sisarebbe mal volentieri accettata.A secondogeniti ed a legatari fu disposto darsi il ca-pitale di quella parte del fedecommesso di cui godevanola rendita: cosí ebbero anche essi una proprietá da tra-smettere ai loro figli.Il calcolo de capitali fu ordinatofarsi sulla rendita alla ragione del tre per cento; e cosí, inuna nazione ove i fondi sono in commercio alla ragionenon minore del cinque e del sei per cento, le porzionide legatari venivano indirettamente a duplicarsi, e sicorreggeva, senza violenza, quella disuguaglianza che lospirito di primogenitura avea introdotta nelle porzionide figli di uno stesso padre.Questa legge fu saggia e ben accetta a tutti: i posses-sori stessi de fedecommessi non perdevano tanto collacessione ai legatari, quanto guadagnavano coll acquistarla libera proprietá de loro beni in una nazione che inco-minciava a sviluppare qualche attivitá.I legami de fede-commessi erano giá mal tollerati, e da dissipatori cheLetteratura italiana Einaudi 136 Vincenzo Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799volean abusare dei loro beni, e da saggi i quali voleanousarne in bene.Forse sarebbe stato giusto aggiugnere alla legge lacondizione aggiuntavi dall imperatore Leopoldo, allor-ché fece la riforma dei fedecommessi di Toscana.Giudi-cando questo ottimo sovrano che manca alla giustiziachiunque priva del diritto alla successione un uomo na-to e nodrito con esso, riserbò la capacitá di succedere aifedecommessi non solo ai possessori, ma anche ai chia-mati giá nati o da nascere da matrimoni contratti primadella legge, molti de quali eransi fatti colla speranza diuna successione fedecommessaria [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]
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